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LAVORAZIONE DEL MARMO (L’oro bianco)

I primi “Pionieri” iniziarono l’estrazione senza una preparazione professionale adeguata e con l’ausilio pochi attrezzi rudimentali fatti di legno e di ferro, martelli “Mazzetta”, scalpelli “Subbie”, cunei “Cugni” di legno e funi; per l’estrazione di piccoli “Blocchi” dalle sporgenze dei costoni rocciosi impiegavano intere settimane di duro lavoro e sforzi molto spesso sovraumani.

Per secoli l’estrazione è avvenuta praticando diversi fori allineati nella porzione di costone individuato l’asportazione inserendo nei fori dei “Spaccaroccia” d’acciaio che, grazie all’effetto della moltiplicazione delle forze provocava il distacco fra le parti della roccia; o ancora inserendo lungo fratture naturali della montagna dei “Cugni” in legno che una volta bagnati si gonfiavano e davano luogo all’abbattimento delle masse informi di marmo.

Ciononostante l’improvvisa richiesta di materiali destinati all’edilizia diede di fatto una notevole spinta, oltre alla ricerca di nuovi giacimenti e allo sfruttamento di quelli esistenti, alla razionalizzazione ed l’utilizzazione di nuove tecniche di coltivazione, che consentirono l’estrazione di blocchi sempre più voluminosi e meglio commercializzabili: prima gli esplosivi, poi il filo elicoidale con sabbia ed acqua per il raffreddamento, quindi dagli anni 80 tramite filo diamantato, mezzi meccanici e con personale dotato di grande professionalità, con questo metodo l’aspetto della cava è cambiato rispetto al passato infatti si possono notare tagli netti e regolari sui fronti di cava, tecnica che ha favorito l’aumento della produzione, la riduzione dei tempi di estrazione e la diminuzione della percentuale di scarti per metro cubo di roccia estratta.

Il filo diamantato, costantemente raffreddato ad acqua e movimentato da tagliatrici elettriche, mediante l’uso di fori precedentemente realizzati penetra fra le pareti delle cave ricavando le cosiddette “Fette”, è necessario, quindi, l’allargamento del taglio poiché e solo di qualche centimetro, con l’impiego dell’esplosivo. Una volta staccata e allontanata dalla parete e ribaltata nel piazzale della cava, la “Fetta” viene esaminata a fondo per individuare i difetti da scartare e le parti da sfruttare. Quindi viene selezionata con tagli paralleli alla stratificazione, in modo da ottenere il massimo dei blocchi con il minimo scarto nelle misure standard adatte alla successiva lavorazione.

Una volta realizzati i blocchi vengono caricati su camion tramite pala meccanica e trasportati nelle segherie.

Inizia quindi la fare della segaggione, i blocchi vengono sezionati in lastre di vario spessore a secondo dell’uso previsto, con l’ausilio di telai diamantati (un tempo venivano usati telai a sabbia) o seghe a disco diamantato controllati elettronicamente.

Il processo produttivo si conclude con le operazioni di rifinitura in base alle esigente della committenza.

Negli ultimi decenni, con l’introduzione e la diffusione di tecnologie innovative, hanno fatto si di ottenere lavorati e semilavorati particolarmente raffinati ed hanno favorito un rinnovato apprezzamento del marmo locale ed una sua ampia utilizzazione anche in nuovi settori d’impiego (quali il restauro dei centri storici e l’arredo urbano).